lunedì, 18 settembre 2017

LA STORIA

Lugnano, annoverato tra i Borghi più belli d’Italia, sorge su di un colle roccioso dei Monti Amerini. A nord e nord-est e' protetto da una catena di monti costantemente verdi e facilmente accessibili; dall'alto delle sue antiche mura si gode uno splendido panorama e si scorge la valle del Tevere, che da esso prende il nome bagnando le sue terre. Il territorio prevalentemente collinoso, si estende per circa 3000 ettari tra coltivazioni cerealicole, vigneti ed oliveti dai quali viene prodotto olio extra-vergine di finissima qualità; vi si respira una aria sana e vivificante in un clima sempre mite.
Anticamente denominato Terra di Lugnano, ad indicare i suoi possedimenti al di fuori delle mura e la sua vocazione di centro agricolo, fin da epoca romana ha fatto parte del sistema agro-produttivo del territorio amerino, come testimoniato da documenti e da importanti ritrovamenti archeologici nel sito di Poggio Gramignano. 
Nell'alto e basso medioevo si assiste al progressivo sviluppo sociale ed economico di Lugnano che culminerà nella sua trasformazione in Comune intorno all’anno Mille. Dal secolo XI al XIV Lugnano è soggetto a vari signori che si contendono il territorio: i Farolfi, duchi di Montemarte (intorno al 1000), i conti Bovacciani di Todi (1147), il visconte Tebaldo Vagliante (1216),Tommaso da Alviano (1370), gli Orsini (1400). A questi signori i Papi affidavano la difesa dei loro territori, e tra questi anche quello di Lugnano in Teverina, facente parte del Patrimonio di S. Pietro.
Lugnano è stato a lungo alleato della città di Orvieto, di cui condivise la contesa tra Guelfi e Ghibellini, al tempo dei Comuni. Documentata da una Bolla di Gregorio IX (1 Aprile 1239) è la vittoria dei Lugnanesi e degli Orvietani contro Todi e Amelia che avevano tentato di assalire Lugnano per avere il controllo del Tevere. Nel 1449 su ordine di Pio II (Enea Silvio Piccolomini) vengono restaurate le mura della Terra di Lugnano. Successivamente, in seguito a continui soprusi da parte dei signori delle città circostanti e motivati dalla spinta innovatrice di Papa Giulio II, i lugnanesi istituiscono, nel 1508, lo Statuto della Terra di Lugnano, con il quale si regolava ogni aspetto della vita sociale e delle relazioni tra i membri della comunità. Il borgo appare ancora oggi racchiuso all’interno delle mura di difesa, risalenti al IX secolo. 
 
 LUOGHI DA VISITARE
 
La Chiesa di S. Maria è il simbolo e il fulcro della Comunità della Terra di Lugnano. Armonicamente inserita all’interno del tessuto urbano di Lugnano, può essere considerata l’espressione più matura delle chiese romaniche presenti nel territorio dell’Umbria meridionale. È sicuramente l’edificio di culto più importante di questo piccolo borgo, sia per il suo pregio artistico ed architettonico, che per il suo alto valore simbolico, manifestazione di straordinaria ricchezza e vitalità della cultura religiosa di una piccola comunità medievale. Essa, armonicamente inserita all’interno del tessuto urbano, è considerata da alcuni “un prodotto completamente locale” di “origine autoctona”, che nasce dall’idea e dalla cultura degli abitanti di Lugnano, da sempre centro di arrivo e di permanenza di gente da ogni parte d’Italia.
La Chiesa domina con il suo prospetto l’antica piazza medioevale chiamata “Platea di S. Maria”, la quale costituiva il punto di riferimento e di unificazione di tutte le Contrade componenti la Terra di Lugnano. Nel 1500, certo anche prima e dopo, era il centro della vita sociale e il cuore ideale e pratico di tutto il paese, dove il popolo si raccoglieva per assemblee pubbliche , per ogni evenienza importante e straordinaria ed era anche il luogo di tutte le feste e dei giochi medievali. Il suo perimetro era delimitato dal Palazzo del Podestà con la Cancelleria e le carceri, la Chiesa di S. Pietro , il Cemeterium , la Chiesa di S. Eutizio e la Chiesa di S. Maria. Sul lato destro vi era anche un caratteristico pozzo, scomparso intorno al 1950 e questo intervento ha ridimensionato la piazza, precedentemente più ampia.
La Collegiata ha nel suo pronao una lapide con una rubrica della Statuto, corrispondente alla rubrica n. 21 del I Libro dello Statuto del 1508. L’Eroli sostiene che è una prova per la datazione della Chiesa e dice: “Ecco dunque che la medesima iscrizione ci assicura che la presente rinnovata Collegiata era già in piedi nel 1230, e chi sa quanti anni prima, per cui i due secoli, da me dati alla sua ricostruzione, non ponnosi per alcuna ragione mettere in dubbio”.
L’edificio, volto ad oriente, verso il sole che sorge, simbolo di Cristo, presenta la tipica pianta a croce latina, con la facciata tripartita a salienti interrotti, coronata da timpano triangolare, che evidenza la ripartizione interna a tre navate. Essa è realizzata da blocchi di travertino locale perfettamente squadrati e ornata da un portico che presenta una copertura a semivolta, sostenuta da costoloni semicircolari, eseguiti interamente in pietra.
La facciata è ricca di elementi numerici e iconografici, cioè simboli religiosi, con significati precisi che potevano essere facilmente “letti” e compresi anche dal popolo solitamente analfabeta. Queste raffigurazioni, veri e propri proverbi scolpiti nella pietra, avevano lo scopo di ammonire il popolo e difenderlo dalle tentazioni, simboli che i nostri antenati capivano con naturale semplicità.
Il timpano, cioè il punto più alto del tetto, è sormontato da un’Aquila che indica tutte le chiese romaniche dedicate alla Madonna. Le due ali della grande Aquila furono date a Maria per volare nel “ nel deserto degli uomini”, cioè il mondo, dove nascerà la Chiesa di Cristo. A differenza delle altre Aquile la nostra tiene tra gli artigli un agnello immolato, sacrificato, che è il simbolo di Gesù Crocifisso.
Il Rosone sottostante più piccolo diviso in sei raggi significa il tempo della Creazione avvenuta in 6 giorni. E’ circondato da 7 dischi in ceramica, 7 è il numero perfetto, composto da 3, numero del Cielo e 4 numero della Terra.
Il grande Rosone è simbolo di Cristo centro dell’ Universo e ha questi significati: il cerchio è il Cielo simbolo di Dio, inscritto in un quadrato che rappresenta la Terra dell’uomo. L’insieme di cerchio e quadrato rappresenta Dio che si fa Uomo con la venuta di Cristo. La ruota ha 16 doppi, cioè 32 all’esterno e 8, cioè 16 all’interno. Tutto il rosone è costruito sui multipli di 8, numero simbolo della Resurrezione attraverso il Battesimo, che ci toglie il Peccato originale.
 
INTERNO
L’architettura interna con un’articolazione dello spazio su tre livelli – navata, cripta e presbiterio – profitta sicuramente di contributi lombardi, la cui presenza sul territorio è attestata da fonti storiche già a partire dal medioevo. La sua struttura compatta e solida sottolinea un’armonia volumetrica, mentre le linee semplici della costruzione sono espressione di un’arte forte ed austera, che si era ispirata per secoli a forme di arte classica, ancora presenti nella regione.
La copertura a volta della navata centrale, realizza lo totale continuità muraria della struttura ed offre l’immagine di un vano avvolgente e massivo, sviluppato in profondità e plasticamente scandito da una duplice fila di quattro colonne massicce, poco rastremate e prive di entasi, poggiate su basamenti quadrangolari e congiunte da archi a tutto sesto.
I capitelli presentano una varietà di forme che rivelano, secondo alcuni studiosi, una differenza di mano, oltre che di tecnica e di stile, confermando l’ipotesi di una possibile ricostruzione della chiesa.
Ad un primo gruppo appartengono capitelli cubici, lisci o imitanti esemplari più antichi ad intreccio. Ad essi si associano i capitelli palmati ad uno o più ordini, che rivelano una fattura rustica e profili che si avvicinano a quelli coevi di Sant’Alò a Terni e di S. Pietro a Tuscania.
Ad un secondo gruppo di capitelli appartengono gli esemplari molto più evoluti imitanti direttamente qualche modello antico in un composito mosso ed elaborato e quello, unico nel suo genere, in cui è raffigurato un altare con due sacerdoti in paramenti e nell’angolo destro un serpente a testa d’uomo, figura del demonio e del paganesimo, mentre nell’angolo sinistro una donna in trono benedicente. Sono diverse le interpretazioni sul significato simbolico delle figure che svolgono “in sequenze successive scene illustranti l’Eucarestia nella sua rappresentazione concreta – cioè il celebrante assistito da diaconi – e la Chiesa nella sua rappresentazione allegorica – cioè donna in trono benedicente – contrapposte alla spaventosa allegoria dell’umanità peccatrice fra le spire del demonio, affiancata da simboli diabolici, quali la luna piena e la civetta”.